Sebbene gli anziani siano sempre più partecipi alla vita sociale e familiare e nel 61% dei casi si ritengano utili, affrontando la tematica sul loro ruolo sociale in termini più generali emerge il pessimismo; infatti il 46% pensa che la società tenda ad emarginare le persone più avanti con gli anni e solo 1 su 5 è convinto che siano adeguatamente compresi e assistiti; una percezione molto critica è presente fra chi ha delle condizioni di salute e di vita compromesse e vive in prima persona tali difficoltà. Secondo una indagine condotta da Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna), 1 over 70 su 5 non sa cosa siano le Dat (Disposizioni anticipate di trattamento) e chi le conosce pensa che il proprio testamento biologico debba essere affidato a familiari (67%) e al medico di famiglia (30%). «Quello che gli anziani temono di più è l'impossibilità di vivere la vita degnamente insieme alle difficoltà che l'invecchiamento comporta e alla disabilità ad esso associate», spiega Francesca Merzagora, presidente Onda. «È importante preservare dunque oltre la salute anche la rete sociale che è uno straordinario strumento di protezione e garantire la possibilità di scelta e autodeterminazione rispetto alle ultime fasi della vita».
Claudio Mencacci direttore del Dipartimento Salute Mentale e Neuroscienze, ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano sottolinea che «L'isolamento sociale facilita l'insorgenza di depressione e decadimento cognitivo in quanto mette in sofferenza il nostro cervello sociale. Studi longitudinali indicano come un rapporto povero o conflittuale con il coniuge o l'assenza stessa di un partner siano associati più frequentemente a episodi depressivi in età senile nel sesso maschile. Risulta inoltre rilevante il supporto amicale (71% degli studi) in età avanzata, mentre il supporto dei familiari (non coniuge) risulta invece meno rilevante (36% degli studi) nel proteggere da episodi depressivi».
(Fonte: tratto dall'articolo)