Nel periodo di picco dell’epidemia da coronavirus, il tasso di mortalità tra gli ultraottantenni è risultato significativamente più alto in Ticino che negli altri cantoni.
È il dato più preoccupante emerso dall’analisi dei decessi dell’Ufficio di statistica cantonale (Ustat): se si parla di tassi, infatti, non basta l’età media elevata della popolazione ticinese a spiegare certe impennate; anche a ‘parità di anziani’ il Ticino "è arrivato a registrare nella settimana dal 30 marzo al 5 aprile un picco di mortalità equivalente a 466 decessi ogni 100mila ultraottantenni.
A titolo di paragone in canton Vaud, l’altro più colpito, non si è mai superata quota 351, e le altre grandi regioni sono rimaste tutte sotto la soglia dei 250", spiega Francesco Giudici che ha condotto lo studio.
“Da esperto di statistica posso solo notare la differenza, credo che sia presto per tirare conclusioni, anche perché il quadro è ancora in evoluzione”.
Il dato assoluto sui decessi non ci dice chi è morto di coronavirus e chi no – cosa peraltro difficile da stabilire con certezza, specie in caso di persone già affette da altre patologie – ma “è chiaro che l’aumento generale permette di farsi un’idea sull’incidenza del Covid-19, lavorando con dati paragonabili tra cantoni, laddove invece i metodi dei singoli rilevamenti cantonali sono meno omogenei”, specifica Giudici (discorso simile nel caso in cui si andassero a vedere i contagi, “il cui numero accertato dipende inevitabilmente dal numero di tamponi effettuati”).
Più incoraggiante è quello che si vede allargando l’inquadratura dai giorni del ‘picco’ alle medie annuali, confrontandole anche con gli anni precedenti: in questo caso si scorge bene il relativo –speriamo non temporaneo – rientro dell’emergenza.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)