La casa di Ovidio Marras, il contadino di Teulada che si è opposto agli immobiliaristi è un giacimento culturale. Il grande camino. Il soffitto di canne e la lampadina appesa al filo. Il fornello a legna in muratura che ormai è un reperto storico perché lui non si cucina più. Il bacile con la brocca e la tanica dell'acqua sul pavimento, che è stato rifatto, quello sì. Anche la porta non è quella di quando, un'ottantina di anni fa, Ovidio arrivò nella campagna meravigliosa di Capo Malfatano con i genitori e i fratelli. È un alluminio anodizzato d'epoca, quasi modernariato. Ovidio è un uomo all'antica: la toppa ben rifinita sui suoi pantaloni è un compendio di semantica agropastorale che accende ricordi di un'Italia povera ma non miserabile, stoica, faticatrice, dignitosissima. Per parlare con lui bisogna ricorrere all'intermediazione linguistica di Consolata, sua nipote, che si presenta con l'uniforme blu del grande albergo, di proprietà russa, dove lavora. Come dire, Sardegna arcaica e Sardegna postmoderna.
Ovidio dice che non sa dove sia la Costa Smeralda, né gli interessa, ma sa che non vuole vedersela duplicata a casa sua: quindi si è opposto al gruppo di immobiliaristi che aveva questo progetto, ha affrontato tre gradi di giudizio ed ha vinto. Anche se ha fatto solo la quarta elementare e ammette che con la scrittura e la lettura non se la cava tanto bene.
(Sintesi redatta da: Antonella Carrino)