In un incontro che si è tenuto a Roma al Senato, Elena Cattaneo, direttrice del Laboratorio cellule staminali dell’Università di Milano, ha spiegato le prospettive delle terapie con staminali per le malattie neurodegenerative ed ha invitato i massimi esperti in staminali a fare il punto sullo stato dell’arte di questo filone di ricerca. A fare da apripista sono gli studi sul Parkinson, su cui, in 25 anni, sono stati accumulati molti dati e informazioni. Dal 2018 è prevista in Europa la partenza dei test sull’uomo con un piccolo gruppo di pazienti con Parkinson che verrà reclutato per provare l’efficacia del trapianto di staminali embrionali. I ricercatori verificheranno se i neuroni ottenuti a partire dalle staminali embrionali sono in grado o meno di sostituire quelli «originali», distrutti dalla malattia. «Abbiamo lavorato per 10 anni allo sviluppo di un metodo per “istruire” le staminali embrionali a diventare neuroni autentici, cioè capaci di “sostituire” specificamente i neuroni dopaminergici che muoiono nel Parkinson - spiega Cattaneo -. Già nel 2005 eravamo riusciti a ottenere neuroni autentici, cioè perfettamente in grado di integrarsi nel cervello e funzionalmente attivi». Ora sono tre i consorzi su questo progetto, due europei, il «Neurostemcellrepair», coordinato dalla stessa Cattaneo, e «Transeuro», e il terzo è il «G-Force». Intanto in Italia, vanno avanti anche altri progetti, come quello coordinato da Vania Broccoli, capo dell’Unità di ricerca cellule staminali e neurogenesi dell’Irccs San Raffaele di Milano. «Abbiamo utilizzato una combinazione di geni capaci di indurre il differenziamento di cellule della pelle in neuroni dopaminergici attivi, capaci di secernere dopamina, essenziale per la trasmissione degli impulsi nervosi connessi al comportamento e al movimento volontario». Raffinare queste tecniche potrebbe un giorno portare alla creazione di specifici «pezzi di ricambio» per il nostro cervello.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)