Secondo un report sugli effetti del Covid19 sulle politiche italiane della salute e di welfare pubblicato da Acli, molto utile pare la parabola decrescente descritta dal numero dei posti letto disponibili negli ospedali: dal 2010 al 2018 (ultimo dato disponibile) la riduzione è pari al 13,7%, pari a 33.403 unità in meno, una media cittadina italiana.
Ovviamente il taglio dei posti non è stato uguale per tutti i comparti. Probabilmente si è pensato di alleggerire maggiormente quei reparti considerati meno importanti, mantenendo relativamente più alto il numero dei letti negli altri, ritenuti necessari.
È il caso, ad esempio, dei posti riservati alle malattie infettive: questi sono passati da una riduzione del 1,8% del 2011, proporzionalmente in linea con il dato nazionale, a riduzioni sempre maggiori man mano che passavano gli anni.
Stessa sorte è toccata ai reparti di Geriatria.
A fronte di un Paese in piena transizione demografica, negli anni (la popolazione over65 è passata dal 18,7% del 2002 con 10.654.649 cittadini al 22,8% del 2019 con 13.783.580 di persone), anche questi reparti hanno registrato un calo dei posti letto: nel 2018, ben 803 posti persi rispetto al 2010.
Anche in questo caso il taglio è stato percentualmente superiore alla media nazionale.
Si potrebbe immaginare che a questa riduzione possa corrispondere un aumento dei servizi sui territori, in presenza dell’unica certezza rappresentata dalla percentuale di crescita delle lavoratrici di cura domiciliari a carico delle famiglie cresciuta del 46,1% dal 2009 al 2015. Purtroppo però secondo l’Istat, nel 2012 la spesa pro capite per i servizi comunali dedicati agli over 65 era pari a 107 euro (285 euro nella Provincia Autonoma di Trento contro i 25 euro della Calabria), ma la quota nazionale scende a 92 euro nel 2016 (230 euro medi nella Provincia Autonoma di Trento contro i 23 euro della Calabria).
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)