Grazie all’allungamento della vita attiva si delinea un modello di welfare che non pensa più solo alla fascia centrale della popolazione aziendale, i trentenni o i quarantenni, ma anche agli over e a chi sta uscendo, considerando questi ultimi non più un segmento di cui liberarsi ma una risorsa. Attualmente i senior sono una popolazione aziendale da prepensionare, ma di fatto non è così, in un mondo come quello post pandemico sempre più complesso, per sostenere e decifrare questa complessità la loro competenza e la loro esperienza sono necessarie.
Le figure senior possono essere una risorsa per le aziende che devono gestire trasformazioni sempre crescenti. Per Cetti Galante, ceo di Intoo - azienda leader in Italia nei servizi di outplacement e consulenza di carriera - ecco allora che anche la pensione cambia identità, diventa una pensione “attiva” è in questa direzione che le politiche lavorative dovrebbero andare, non verso il pensionamento anticipato con l’obbligo di non lavorare come si è fatto finora. Favorendo il mantenimento lavorativo degli over, senza bloccare i giovani ma tracciando una mappa adeguata agli uni e agli altri, “perché oggi il problema più rilevante del mercato del lavoro è il reperimento delle figure professionali: facciamo uscire chi ha maturato una competenza e poi ci mancano i professionisti, vecchi o giovani che siano”, conclude Galante.
Secondo il vademecun di Intoo sono due le strade lavorative che si aprono entrambe attorno ai 50 anni: decidere di restare in azienda e quindi con l’azienda programmare un piano di welfare adeguato per la gestione attiva del pensionamento, che vuol dire pensione sì, ma continuando a dare un contributo, collocabile nella formula della collaborazione. Oppure uscire dall’azienda cogliendo tutte le formule professionali disponibili, da libero professionista a consulente a partita Iva, in quota in una società oppure avviando una propria micro impresa.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)