Da oggi la giovane donna che sposerà l’uomo anziano (o viceversa) avrà diritto alla quota piena della pensione di reversibilità e non solo – come invece è stato fino a ieri – una minima parte: è questo l’effetto di una recentissima sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittima la cosiddetta norma “anti giovani badanti”. Per evitare che giovani donne senza scrupoli sposassero uomini anziani all’imbocco del viale del tramonto solo per carpirne la pensione di reversibilità, nel 2012 era stata approvata una norma in base alla quale, sussistendo tre condizioni “sospette”, la reversibilità sarebbe scesa dal 60% al 10%. Le condizioni erano che:
- il titolare della pensione avesse almeno 70 anni di età;
- tra il titolare della pensione e il coniuge superstite vi fossero almeno 20 anni di differenza;
- il matrimonio fosse durato almeno di 10 anni.
Non sussistendo queste condizioni il matrimonio appariva simulato o solo frutto di un raggiro ai danni del pensionato. Da oggi si ritorna al regime previgente. Secondo la Corte Costituzionale (sentenza 174/2016) non si può legare, in astratto e a priori, l’importo dell’assegno di reversibilità all’età del coniuge e alla durata della convivenza. Nell’attribuire rilievo all’età del coniuge titolare di trattamento pensionistico diretto al momento del matrimonio e alle differenza di età tra i coniugi – spiegano i giudici – si introduce una regolamentazione irragionevole e incoerente con il fondamento solidaristico della pensione di reversibilità. Risultato: le giovani vedove (o vedovi) di ultrasettantenni hanno diritto a ricevere lunghe e “ricche” pensioni.
(Sintesi redatta da: Antonella Carrino)