Sono formate da tre diverse realtà le 400 mila pensioni pagate all’estero dall’Inps, che di media hanno un importo piuttosto basso. Un primo gruppo sono gli italiani emigrati all'estero negli anni passati che si sono portati via un pezzetto più o meno grosso di contribuzione. Il secondo è costituito dai cittadini stranieri che hanno lavorato in Italia e poi sono ripartiti. Il terzo gruppo è formato da concittadini che, alla fine della loro vita lavorativa, hanno scelto di trasferirsi all'estero, in Paesi dove il costo della via è più economico e/o che hanno un trattamento fiscale più favorevoli. Dal rapporto 2018 sul sistema previdenziale italiano fatto dal Centro studi e ricerche di Itinerari previdenziali in cui vengono analizzate 373.265 pensioni pagate all'estero nel 2016 emergono diversi dati. Intanto l'82,6% è per cittadini italiani mentre il restante 17,4% va a stranieri, e nel complesso resta in Europa quasi la metà dei trattamenti, un quarto va in America settentrionale, soprattutto in Canada, seguito dall'Australia. In Francia, ci sono gli importi dei trattamenti più alti, insieme a quelli dell’Argentina. Il 16% del totale di queste pensioni è pagato a chi ha scelto di lasciare l’Italia da pensionato. Da un punto di vista fiscale sono 55.238 le pensioni (più della metà in Australia) detassate in tutto o in parte, che sfruttano cioè il trattamento fiscale più favorevole vigente in altri Paesi, anche se per far ciò si deve risiedere all’estero per più di sei mesi. Anche le pensioni all’estero sono soggette a verifiche, come sta avvenendo in questi giorni in Nord, Sud e Centro America, Asia, Estremo oriente, Stati dell'Est Europa e Paesi scandinavi, dove si sta procedendo agli accertamenti di esistenza in vita, pena la sospensione della pensione da settembre.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)