Quando si tratta di pensioni, l’Italia è sempre l’osservato speciale. Questa volta nel mirino – dell’Ocse – sono finite le pensioni di reversibilità, ovvero gli assegni riscossi dal coniuge vedovo e/o dai figli fino alla maggiore età o fino ai 26 anni se studenti universitari. Questi assegni pesano (primato negativo) per il 2,6% del Pil, contro una media dell’1% degli altri Paesi esaminati dallo studio dell’organizzazione internazionale. Ci sono però anche quelli più virtuosi: spendono meno dello 0,5% del Pil dodici Paesi tra cui Australia, Svezia, Canada, Norvegia e Regno Unito. Adesso dall’Ocse viene un monito: basta con tutta questa generosità. Che tradotto significa “No al versamento prima che il beneficiario abbia l’età per l’uscita dal lavoro”. Un controsenso rispetto alle finalità dell’istituto. La cosiddetta reversibilità aveva (e mantiene) l’obiettivo di dare un sostegno economico per il mantenimento della famiglia a quelle mogli che, essendosi dedicate alla famiglia ed al lavoro domestico, in caso di morte prematura del coniuge si trova(va)no prive di ogni entrata.
(Fonte: tratto dall'articolo)