Dal 25 settembre governo e sindacati si vedranno per iniziare a ridisegnare le basi del nuovo assetto previdenziale, che entrerà in vigore il 1° gennaio 2022. Per questo sono allo studio ormai da tempo le valutazioni su alcune ipotesi per rendere meno rigido il sistema pensionistico. T
ra queste la “doppia flessibilità in uscita” che consentirebbe ad alcune categorie di lavoratori, come quelli che svolgono attività gravose o usuranti, di andare in pensione già a 62 (o 63) anni con un’anzianità contributiva di 36 (o 37) anni senza eccessive penalizzazioni. Avrebbero inoltre la possibilità di sfruttare il canale alternativo dell’Ape sociale in versione potenziata e strutturale. Per gli altri la soglia minima di uscita, sempre in chiave flessibile, salirebbe a 64 anni d’età (e comunque a non meno di 63 anni) e almeno 37 (o 38) anni di contribuzione e con penalità legate al metodo di calcolo contributivo di una certa consistenza per ogni anno d’anticipo rispetto al limite di vecchiaia dei 67 anni.
Altro capitolo da affrontare per la prossima manovra è quello della previdenza complementare. Bisognerà studiare soluzioni fattibili che trovino l'accordo tra sindacati, ministero del Lavoro e quello dell'Economia.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)