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Per una costituente del lavoro sociale ed educativo

Animazione Sociale, 6, 2021, pp.18-30

L’esperienza pandemica ci renderà cittadini migliori e professionisti più consapevoli? Saremo più solidali o l’individualismo riemergerà? Cambierà il nostro modo di lavorare o torneremo alla vecchi routine? Nel lockdown è emerso uno spirito comunitario e ciascuno si è sentito responsabile per la salute altrui. Ci siamo scoperti tutti vulnerabili apprezzando il valore della sanità pubblica finanziata dalla fiscalità generale, dei servizi di welfare e delle reti sociali. Ora si tratta di sfruttare la lezione appena imparata senza trasformarla in una occasione perduta.

Anzitutto, bisogna ripartire dal territorio, intendendo con questa parola non lo spazio geografico ma il fascio di relazioni e risorse tra le persone. Significa considerarlo come il luogo effettivo dell'azione professionale, di aiuto o di cura che sia. Il territorio dunque è la rete dei rapporti sociali che si snodano, ad esempio, in tutti quei luoghi di lavoro speso definiti ‘centri’ (centro diurno, centro aggregativo…) che sarebbero da ripensare piuttosto come snodi di un sistema territoriale capace di distendere una vasta rete di protezione per i più fragili, in una fitta trama di connessioni e interdipendenze.

In questi anni il lavoro del Terzo settore si è spostato sempre più nelle stanze organizzative e professionali, in parte a causa delle restrizioni che hanno colpito le organizzazioni vittime dei tagli della spesa, in parte per una progressiva tecnicizzazione del lavoro sociale, che ha portato allo specialismo delle competenze e degli sguardi sui problemi. In parte, infine, perché il lavoro sociale ha perso il consenso culturale. La co-progettazione tra istituzioni, terzo settore e gruppi di cittadini è lo stile di lavoro del welfare di comunità: i problemi complessi (dalla povertà alla solitudine degli anziani) richiedono la partecipazione di più soggetti dentro progetti territoriali coordinati e, possibilmente, dovrebbero includere anche il mondo del profit, andando oltre il richiamo alla beneficenza.

Il territorio però richiede anche l'intervento della politica, una politica però che sia capace di ricomporre le fratture e gli interessi portando risorse dove servono. In tal senso il ruolo dei Comuni potrebbe rivelarsi centrale nel valorizzare le risorse in vista di progetti comuni. In ultimo, non è da sottovalutare l'importanza dell'animazione. Animare il sociale vuol dire animare una cultura di socialità, allestire occasioni di socializzazione nei quartieri, dotare i condomini di presidi di prossimità, dando più visibilità e valore ai servizi. Facendo toccare con mano alle persone che la paura si vince incontrandosi, non alzando barricate.

In conclusione, animare i territori, potenziare le infrastrutture sociali, mobilitare la partecipazione degli abitanti di quartiere, sono i fattori centrali sui quali incamminarsi, per sostenere il corpo sociale uscito più fragile dall’esperienza Covid.

(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)

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Autore (Cognome Nome)
Casa Editrice, città
Collana
Anno Pubblicazione2021
Pagine18-30
LinguaItaliano
OriginaleSi
Data dell'articolo19000101
Numero6
Fonte
Approfondimenti Online
FonteAnimazione Sociale
Subtitolo in stampaAnimazione Sociale, 6, 2021, pp.18-30
Fonte da stampare(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)
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Approfondimenti
Attori
Parole chiave: No profit Rete sociale