Sembra che le donne, dopo la scomparsa del coniuge, se la cavino meglio dei vedovi e anche delle coetanee col marito in vita.
Lo afferma la ricerca del dipartimento di Geriatria dell’Università di Padova in collaborazione con l’Istituto di neuroscienze del Cnr, pubblicata sul «Journal of Women Health». L’obiettivo era esaminare su un gruppo di over 65 di ambo i sessi, la relazione tra stato civile e incidenza di «fragilità». Il monitoraggio è durato quattro anni e mezzo e i risultati hanno dimostrato che i maschi mai stati sposati o vedovi hanno maggior rischio di diventare fragili rispetto ai coetanei con la moglie a fianco. Per le donne invece vale il contrario. Per «fragilità» si intende una sindrome geriatrica che comporta mancanza di energie, esaurimento e perdita di peso. Sotto l’aspetto nutrizionale la ricerca ha evidenziato che gli uomini mai stati sposati e i vedovi si nutrono poco e male,compromettendo il tono muscolare nonostante facciano più sport degli sposati. Lo studio ricorda che pesa anche il fattore culturale, perché il campione è fatto di over 65 radicati in una struttura sociale un po’ rétro, dove l’uomo non va a fare la spesa né cucina. Le donne affrontano meglio la fatica quotidiana perché hanno una vita sociale più attiva. Spiega infatti Caterina Trevisan, capo della ricerca padovana, «se le donne hanno spesso un ruolo secondario nella società, a loro è lasciato il compito di gestire i rapporti sociali della famiglia» e quindi nella terza età sono meno isolate. Infine, spesso le donne sono più giovani dei loro mariti e più in salute e devono quindi svolgere un ruolo di assistenza e cura molto pesante che si alleggerisce quando restano vedove. Questo fardello di assistenza si alleggerisce». Mentre per le maritate, con l’allungamento della vita si protrae una situazione stressante, restrittiva e frustrante, conferma Caterina Trevisan.