Con l’aumentare dell’età aumenta inesorabilmente la possibilità di deficit cognitivi e di demenza, che a partire dai 70 anni si incrementa dell’1% ogni anno.
Ma c’entra qualcosa il declino cognitivo proprio dell’età che avanza con la perdita dell’udito? Anche la perdita di cellule neurologiche dell’apparato uditivo (cellule superspecializzate non rigenerabili) è caratteristica dell’anzianità e numerosi studi scientifici pubblicati negli ultimi anni hanno dimostrato che essere anziani con poco udito accresce il rischio di demenza e di declino cognitivo.
Il motivo per cui ipoacusia e Alzheimer sono condizioni così legate non è ancora del tutto dimostrato ma vi sono al momento alcune ipotesi.
La più interessante e accreditata avanzata dai ricercatori descrive l’ipoacusia capace di generare isolamento prima familiare e poi sociale, con tendenza all’ansia e alla depressione.
Tutti fattori di rischio conclamati e dimostrati sia per l’Alzheimer sia per altri disturbi cognitivi.
Gli studi ci dicono anche quanto sia importante l’identificazione precoce di qualsiasi tipo di demenza dal punto di vista sia riabilitativo sia terapeutico per sfruttare al massimo condizioni di plasticità neuronale ancora presente e rallentare un processo a oggi ancora inarrestabile.
Le informazioni che provengono dai test scientifici dimostrano che l’esposizione a un ambiente cognitivamente e socialmente stimolante, uniti a uno stile di vita sano, hanno la reale capacità di apportare benefici su tutte le funzionalità cerebrali, specie nel soggetto anziano, riducendo il rischio di incorrere in disturbi cognitivi o addirittura nella malattia di Alzheimer.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)