Dei prossimi passi da adottare in fretta per cogliere l’occasione data dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) si è parlato durante il convegno “Visioni e riflessioni per allineare Pnrr e politiche sanitarie del Ssr Lazio”, nell’ambito delle “C-suite talks”, occasioni di formazione e confronto organizzate dall’Istituto superiore di studi sanitari “Giuseppe Cannarella”. Ad aprire i lavori è stata Mariapia Garavaglia, presidente dell’Istituto Cannarella e vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica, che ha ricordato i tempi stretti imposti dal Piano per mettere a frutto le risorse, Dello stesso avviso si è detto Massimo Annichiarico, direttore regionale Salute e Integrazione Socio-Sanitaria, che avverte però come la Regione Lazio sia già a lavoro per non perdere l’opportunità data dai fondi europei per riorganizzare il servizio sanitario. Federico Lega, docente dell’Università degli Studi di Milano ha parlato delle Case di comunità, strutture al centro del Pnrr, interamente inserite in un nuovo disegno di rete del welfare, “Bisogna avere una visione per la costruzione di queste Case, ha detto.
L’ispirazione deve venire dalle esperienze internazionali dal momento che in Italia non ce ne sono, a parte dei casi in Romagna”. Lega ha spinto verso l’uso delle nuove tecnologie. “Siamo circa dieci anni indietro rispetto agli Stati Uniti, dove sperimentano i sensori nei tessuti già da tempo e dove il tessuto stesso diviene un recettore”. A parte il digital divide, che interessa ancora una consistente parte della popolazione, quello che allontana ancora la medicina dall’essere digitale è la barriera culturale. L’idea, per il docente, è di passare da un sistema che cura a uno che accompagna le persone a prendersi cura di loro stesse. Alcuni esempi anche in Italia di creazione di un ecosistema digitale esistono, come quello ideato a Trento basato sui servizi on line, sull’empowerment del cittadino e sulla erogazione delle prestazioni, tramite app, per una medicina personalizzata.
Stefano Capolongo, architetto e docente del Politecnico di Milano, ha offerto spunti interessanti per ripensare gli spazi sanitari. “La pandemia – sostiene – ha accelerato i processi di riorganizzazione dei luoghi dell’abitare. L’architettura traduce le diverse istanze che giungono dalla società, spetta poi alle istituzioni e alle aziende saperle cogliere”. Secondo l’esperto, andare a rifunzionalizzare gli ospedali è impossibile. L’obsolescenza dovrebbe essere di 50 anni mentre oggi uno su tre in Italia ha più di 70 anni. Con l’Agenas il Politecnico è infine impegnato per individuare i requisiti che dovranno avere le Case e gli ospedali di Comunità. “Queste strutture funzionano – suggerisce – se sono in mezzo alla città”.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)