L’ultimo report ISTAT “La povertà in Italia” (dati al 2016) conferma una riduzione recente del rischio povertà per gli anziani. La popolazione over 65 presenta la percentuale di famiglie in povertà assoluta più bassa rispetto alle altre fasce di età. Fino agli anni 2000 non era così ma, soprattutto dalla crisi economica in poi (2008), il rischio povertà comincia e ridistribuirsi fra le generazioni, spostandosi dalle più anziane alle più giovani. Nel 2005 quasi un povero assoluto su due (44,9%) era anziano, nel 2016 solo il 17% degli indigenti aveva un’età pari o superiore a 65 anni. In particolare, tra il 2015 e il 2016, la fascia di età degli over 65 è l’unica che presenta una riduzione dell’incidenza della povertà. Non per tutti gli anziani è così; se consideriamo i non autosufficienti, il rischio povertà aumenta esponenzialmente. La probabilità di un anziano non autosufficiente di vivere in una famiglia con un reddito inferiore alla soglia di povertà aumenta tra gli anni pre e post crisi economica. Avviene soprattutto per i non autosufficienti di grado moderato (rispetto al grado medio e grave) e anche per le donne disabili, vedove e sole. Esiste una chiara relazione tra incidenza delle spese di cura, reddito famigliare e povertà in età anziana. Le famiglie over 65 a basso reddito (primo quintile della distribuzione) con un membro non autosufficiente spendono per la cura circa il 40% delle loro risorse economiche. Gli over 80 aumenteranno notevolmente nei prossimi decenni e avranno redditi pensionistici inferiori agli over 80 di oggi, ma rischieranno comunque di scivolare verso la non autosufficienza. Gli anziani affetti da non autosufficienza moderata, di solito esclusi dal principale strumento di supporto pubblico, rischiano di subire un ulteriore e repentino deterioramento della loro condizione fisica a causa della povertà, con il relativo aggravio in termini di spesa pubblica. La modulazione dell’accesso alla cura, e nello specifico all’indennità di accompagnamento, rispetto al grado di disabilità, articolando quindi l’importo in base alle necessità di cura e ampliando la platea dei beneficiari, sulla scia di esperienze positive Europee (es. il modello Francese), rappresenterebbe un primo passo necessario per migliorare l’attuale sistema.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)