Sarebbe anacronistico immaginare di poter rinunciare alle Rsa: significherebbe non solo non conoscere le caratteristiche e i bisogni assistenziali delle persone anziane al loro interno, ma soprattutto non considerare le prospettive future legate all’invecchiamento della popolazione. Ciò non toglie che il sistema dell’assistenza vada migliorato. Tra i punti critici c’è sicuramente il minutaggio assistenziale: un tempo per l’assistenza fissato a priori che, di fatto, viene strutturalmentesuperato in diverse realtà.
Ma parlare di minutaggio significa anche parlare del mix assistenziale, ossia della suddivisione delle ore di assistenza tra i diversi operatori:infermieri, Oss e medici. Punto dolente legato alla fuga del personale, che richiede un adeguamento contrattuale dal punto di vista economico e delle prospettive. Ma al di là di tutto restano le problematiche legate alla famiglia. Oggi, quando in una famiglia interviene una situazione di non autosufficienza, gli equilibri, già sottoposti a stress, crollano completamente. La famiglia è precipita in una condizione di totale disorientamento: chi la accompagna e sostiene in questo difficile percorso? Questo è un elemento che oggi manca.
A volte la condizione di non autosufficienzaè determinata, o accentuata, non solo dalle condizioni cliniche di una persona ma dalle caratteristiche dell’abitazione, dalla mancanza di una rete famigliare o dalle condizionie conomiche. Quindi la famiglia non può essere abbandonata a sé stessa altrimenti l’alternativa resta la badante o le Rsa. Ma chi valuta il bisogno assistenziale degli anziani? Chi costruisce un percorso di cura appropriato monitorando anche le evoluzioni della condizione di non autosufficienza? Questo compito deve rientrare nelle funzioni di governo pubblico del sistema sanitario.
Sarebbe auspicabile creare all’interno della rete territoriale un team per la valutazione multidisciplinare, un passaggio fondamentale per una vera presa in carico della persona e della famiglia. Un team che faccia dialogare ospedale, medici specialisti, medici di medicina generale, infermieri di comunità e servizi sociali. La domiciliarità va implementata, visto che nella grande maggioranza dei casi viene attivata prevalentemente solo in caso di riabilitazione o nel fine vita. Ma soprattutto va integrata con il servizio Sad e con le prime strutture, come i centri diurni. L’esperienza delle Rsa aperte rappresenta un modello di assistenza ottimo ma poco sfruttato.
Attualmente a fronte di alcune strutture che si sono diversificate, si sono aperte al territorio, ce ne sono altre che invece stanno concentrando gli investimenti soprattutto verso i modelli più redditizi, che però lasciano scoperta una larga parte del bisogno reale. In conclusione, i temi sui quali è necessario sviluppare la filiera dell’assistenza sono sicuramente l’analisi dei bisogni, l’integrazione sanitaria con il sociosanitario e l’assistenziale, l’integrazione e il dialogo tra i servizi, la sostenibilità economica per le famiglie e la loro partecipazione, ad esempio attraverso i comitati dei parenti. Tutto questo passa necessariamente attraverso una forte programmazione pubblica territoriale.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)