La vecchiaia del cervello condiziona la mente ed è all’origine di un diverso modo di comportarsi: ogni fase dello sviluppo ha i suoi tempi, e la vecchiaia,esattamente come l’infanzia e l’adolescenza ad esempio, non fa differenza, ha un suo stile e non possiamo snaturarlo, ma rispettarlo. Questo è il senso di una lezione magistrale tenuta dal prof. Marcello Cesa Bianchi durante un convegno sulla Psicologia dell’Invecchiamento: il tema del suo intervento era l’ironia e la creatività nella terza età, poiché lui ha 90 anni, era uno dei più adatti.
Risultato: ha fatto ridere per quasi un’ora una platea di circa 400 psicologi,dimostrando oltre alla sua naturale e personale strabiliarità anche la bellezza della sfacciataggine di chi ormai è libero e come tale si sente. Ecco quindi che il tema di oggi potrebbe essere la capacità degli anziani di adattarsi ai cambiamenti fisiologici, mostrando efficienza ed efficacia superiore a quella di chi è più giovane.
Con l’età si verificano degli adattamenti che permettono di compensare i deficit e di adeguarsi alle situazioni. Quando si considera la vecchiaia nel campo della resilienza, è facile notare che gli anziani hanno sviluppato delle strategie che ritardano e contrastano alcuni processi involutivi migliorando la loro efficienza psicofisica.
Il processo di adattamento nell’anziano è un processo lento, prolungato nel tempo, che fa sì che esso riesca ad elaborare strategie di compensazione, senza quasi rendersene conto.
In particolare, dal punto di vista cognitivo, gli anziani sviluppano delle strategie che permettono loro di padroneggiarsi in diversi contesti, anche con modalità più efficienti di quelle utilizzate dai giovani. I giovani tendono a trattare i problemi in blocchi di dimensioni ridotte, passo dopo passo, gli anziani invece usano la visione d’insieme, più ampia e in grado di integrare al suo interno anche quelle che sono le memorie globali dell’anziano, la sua vera e grande ricchezza.
(Sintesi redatta da: Antonella Carrino)