Il presidente dell'Ordine degli Assistenti sociali dà voce al messaggio dei colleghi bresciani e bergamaschi: l’impotenza che mi hanno descritto è la peggiore.
Quella di vedere le persone morire senza un saluto, quella di dover dire non riusciamo a trovare un posto o semplicemente qualcuno che ti porti a casa dall’ospedale. Persone che guarite non hanno nessuno o se c’è, è in quarantena. Anziani, ma non solo. La rabbia che arriva dalla paura di chi vede ogni giorno qualche collega infermiere, medico o operatore socio sanitario finire in osservazione, in reparto, qualcuno al cimitero.
Mi raccontano di prepararsi a persone che hanno perso tutto ciò che è caro. Giovani adulti, padri e madri, che per tanto tempo non potranno essere come prima. La malattia è dura, durissima. Dicono di preparare luoghi e servizi capaci di accogliere una domanda che sarà più alta e complicata.
La nostra speranza è che proprio perché abbiamo imparato cosa significhi arrivare impreparati alla guerra delle corsie, si sia capito che non possiamo arrivare impreparati anche fuori dagli ospedali. O si comincia oggi a riorganizzare il Welfare di quello che sarà un vero dopoguerra, o si conteranno altre vittime.
Dell’abbandono, non della malattia.
(Fonte: tratto dall'articolo)