Esistono delle varianti genetiche, dette polimorfismi, che aumentano il rischio di sviluppare l’Alzheimer, e la più nota tra queste varianti risiede nel gene ApoE. Spiega Elio Scarpini, direttore dell’Unità Malattie Neurodegenerative del Policlinico di Milano che coloro che presentano una copia della mutazione hanno un rischio quattro volte maggiore superiore alla media di sviluppare il morbo di Alzheimer. La ricerca ora punta su queste persone per trovare una cura per il morbo di Alzheimer; a loro, sani ma a rischio, infatti, saranno somministrati farmaci in grado di impedire l’accumulo della proteina responsabile della degenerazione del tessuto cerebrale, l’amiloide. Il progetto, siglato da Novartis in collaborazione con Amgen e Banner Alzheimer’s Institute, ha lanciato nelle scorse settimane Generation Program, un programma di ricerca della durata di 7 anni, a cui parteciperanno 130 centri nel mondo, fra cui, per l’Italia, il Policlinico milanese. La sigla del farmaco è Cnp520 e dovrebbe prevenire la produzione di diverse forme della proteina ß- amiloide, sostanza ritenuta responsabile, insieme alla proteina Tau, della compromissione graduale delle funzioni cognitive, e che inizia ad accumularsi circa 20 anni prima che i sintomi clinici siano evidenti. Si cerca così di bloccare la proteina prima che inneschi i fenomeni dannosi per i neuroni che portano alla perdita di memoria.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)