L'articolo intende indagare il significato che il farmaco assume nel corso della senilità, fase del ciclo di vita molto complessa, caratterizzata dall’adozione di terapie farmacologiche multiple, nel tentativo di fronteggiare le “pluripatologie” dell’anziano, innescandone al contempo un circolo vizioso, in cui l’aumento dei farmaci prescritti porta spesso a una diminuzione dell’adherence del paziente al trattamento, e conseguentemente, all’aumento degli effetti iatrogeni della cura. Occorre quindi aiutare
l’anziano nel percorso di “ri-attraversamento” delle matrici fondative della propria identità psichica.
L’anziano deve, quindi, cimentarsi nel difficile compito di integrare il detrimento funzionale, apportato dalla senescenza, nell’immagine del Self. Il farmaco assume, in questa ottica , il significato di “rifugio mentale”, che consente all’anziano di prendere le distanze dai propri vissuti, impedendogli di riflettere sulle emozioni che i cambiamenti tipici dell’invecchiamento sono in grado di sollecitare. Quindi, per un’adeguata comprensione psicodinamica dei fattori che sono implicati nel rischio di addiction polifarmacologica è importante considerare la mente secondo un’ottica transpersonale; in questa prospettiva, il ricorso al gruppo può essere utile al fine di comprendere e contenere la sofferenza dell’individuo.
Nella fattispecie, il dispositivo gruppale consente, attraverso un’esplorazione dei vissuti dell’anziano, di agire sulle quote affettive e cognitive permettendo la mentalizzazione dell’evento invecchiamento, il contenimento del ricorso al rimedio farmacologico e quindi una riduzione degli effetti iatrogeni con conseguente incremento della compliance e dell’alleanza terapeutica. (Fonte: tratto dall'articolo)