Per le persone con demenza, vista l’assenza di farmaci efficaci, l’attuale orizzonte terapeutico punta a cercare di innescare meccanismi di compensazione, come quiz e giochi enigmistici, così da poter conservare il più a lungo possibile una buona condizione cognitiva. In questo modo si aiuta il malato e la famiglia a migliorare la qualità di vita. Per le persone con declino cognitivo, anche all’esordio, possono divenire ostacoli anche azioni quotidiane un tempo di routine. Suggerisce quindi Susanna Bergamaschi, neuropsicologa e psicoterapeuta presso la casa di cura Figlie di San Camillo di Cremona, di comunicare la diagnosi di demenza alla famiglia e non al malato, per non frustrarlo troppo. Gli esercizi che possono essere proposte ai pazienti debbono avere difficoltà e gradi diversi di difficoltà, e gli schemi non debbono essere rigidi, anche perchè può capitare che il training cognitivo interessi contemporaneamente più funzioni. E’ necessaria la presenza e la mediazione dell’operatore per la stimolazione cognitiva, perché gli esercizi restano degli strumenti, e in questo modo egli deve trovare il giusto modo per aiutare il paziente a non sbagliare o a trovare una strategia. Inoltre il fatto di contestualizzare l’utilità di un compito alla dimensione pratica permette all’anziano di superare la diffidenza rispetto allo svolgere di compiti banali, perché è più disposto a collaborare se gli si spiega che l’esercizio stimola ricerca visuo-spaziale e attenzione, permettendogli di ritrovare più velocemente il maglione rosso nell’armadio di casa».
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)