In Italia i nonni hanno sostituito o sono stati complementari all’ offerta pubblica di cura dei nipoti ma, né le famiglie né il sistema di welfare, devono darli per scontati. Oltre 1 mamma su 2, nel nostro Paese, affida regolarmente i propri figli ai nonni e quasi 1 mamma su 3 rinuncia a mandarli all'asilo perché la retta è troppo cara (Rapporto Istat, 2014). Molte ricerche hanno dimostrato che la disponibilità di fonti formali di cura dei figli (ad es. asili e dopo-scuola) è associata negativamente col coinvolgimento dei nonni come fonte principale nella cura dei nipoti (Lewis etal., 2008; Hank Buber, 2009; Igel, Szydlik, 2010). Inoltre, se i nonni rimangono quasi l’unica possibilità per la cura dei nipoti , siamo di fronte a una diseguaglianza sociale per cui solo chi ha i nonni è in grado di raggiungere le proprie intenzioni di fecondità. Se è vero che un welfare generoso non indebolisce la solidarietà familiare è anche vero che, dove manca il supporto intergenerazionale, lo Stato deve attuare politiche che permettano alle famiglie, che non possono affidarsi agli anziani, eguali diritti. Negli Stati, come la Scandinavia, in cui l’occupazione materna è favorita e il ruolo dei nonni limitato a casi particolari, la cura formale è abbondante e il welfare è sostenuto (Hank,Buber, 2009; Settles et al., 2009). Al polo opposto, ci sono i Paesi (tra cui l’Italia) in cui le misure di defamilizzazione sono ridotte, per cui il sostegno intergenerazionale è cruciale. Il ritardo nell’età di pensionamento potrebbe, tuttavia, impedire agli anziani un così pieno coinvolgimento in futuro. I nonni di oggi, mediamente più anziani di qualche decennio fa, potrebbero ridurre le loro capacità di svolgere un ruolo di cura anche per un peggioramento dello stato di salute( Zamberletti et al., 2015 ).
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)