Cucinare professionalmente può diventare un allenamento cognitivo, ed ha infatti ispirato il cooking therapy, un percorso riabilitativo per pazienti con danni neurologici. Il progetto è sviluppato da Antonio Cerasa, ricercatore dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibfm-Cnr) di Catanzaro e nasce dall’osservazione del cervello dei grandi cuochi. Infatti indagini con test e tecniche di neuroimaging su un gruppo di chef della Federazione Italiana Cuochi, hanno evidenziato che questo tipo di lavoro porta a uno straordinario sviluppo della materia grigia all’interno del cervelletto, un’area dell’encefalo fondamentale per la coordinazione del movimento e la programmazione cognitiva di atti motori. Si è pensato così di creare un protocollo di cooking therapy, utilizzando le abilità dei cuochi per proporre un allenamento per la riabilitazione di pazienti vittime di traumi o ictus che coinvolgono il cervelletto. Inoltre il fatto di utilizzare il cibo ha un alto valore simbolico e permette di lavorare su piani diversi e può essere molto utile anche per anoressici, per chi soffre di dipendenze, sindromi di Down o autismo.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)