I maltrattamenti sugli anziani hanno cause di varia natura, spesso interconnesse: personali, istituzionali, culturali e sociali. La maggior parte dei casi restano rell’ombra, in parte per la condizione psico-fisica, che la pone in dipendenza dall’altro, curante o familiare. Nella vittima infatti c’è spesso la paura di perdere una relazione che stima significativa o addirittura il timore di ritorsioni, se se si trova in una istituzione. Queste condizioni posizionano la persona in uno stato di vulnerabilità che sfocia in una certa passività o, nei casi più gravi, in una sottomissione.
L’isolamento è un fattore aggravante per tutti gli attori coinvolti, anziano, familiare e curante. Il termine è da intendersi in senso ampio: dall’operatore che fa le notte in solitario, a quello che riceve scarso o nullo supporto o informazione. Molto importante è infatti ricordare che a volte tra i collaboratori si ritrovano persone senza le caratteristiche richieste per un lavoro di cura ad alto contenuto relazionale. Le politiche di ingaggio e formazione, in particolare dei quadri, sono dunque elementi da non trascurare.
Infine, l’ambito geriatrico non è ancor sufficientemente valorizzato, spesso è ritenuto un impiego di seconda scelta e poco rilevante socialmente. Gli episodi di maltrattamento il più delle volte sono conseguenza di carenze, sovraccarico e burnout, ai quali si accompagna, a livello istituzionale, una scarsa cultura dell’errore.
Per affrontare il fenomeno è necessario introdurre il concetto di maltraitance ordinaire, ossia quel tipo di maltrattamento che non si manifesta attraverso atti clamorosi, ma si presenta nei picoli gesti quotidiani, come una insufficiente valorizzazione dell’anziano, l’esecuzione frettolosa della sua toilette o la mancanza di privacy.
È la banalizzazione stessa della maltraitance ordinaire a risultare pericolosa. A volte alcuni di questi atteggiamenti possono passare per ‘buone pratiche’, dai curanti stessi. Così accade, ad esempio, nei casi di mancanza del principio di autodeterminazione della persona giustificato come modalità protettiva, così attuale in queste fasi della pandemia.
Il rischio è che una routine di tali comportamenti possa essere dalle stesse vittime percepita come una prassi , portando così la persona ad autocensurarsi.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)