Un operatore che vive quotidianamente a contatto con realtà che implicano carichi emotivi enormi accumula inconsciamente dolore e rischia di esplodere. D’altro canto questa reazione comporta il rischio che l’assistito, a sua volta, manifesti aggressività nei suoi confronti, generando così un meccanismo di circolo vizioso. Questo ‘effetto specchio’ è alimentato involontariamente dal modello di cura e gestione fin qui applicato nelle strutture, che potremo definire ‘funzionale’. Ossia, un modello centrato sul compito e non sul paziente, basato sulla suddivisione dei carichi e su una struttura gerarchica piramidale che conduce ad una assistenza frastagliata e all’insoddisfazione del paziente. Sottovalutare quest’ultima, spesso comunicata sotto forma di violenza verbale, se non fisica, è un grave errore.
L’aggressività rappresenta un campanello d’allarme che va discusso e risolto in equipe, ma non lasciando al singolo la soluzione del problema. Il sostegno dell’equipe, oltre ad essere uno strumento valido per affrontare il problema dei comportamenti disfunzionali, rappresenta anche un sostegno per l’autostima dell’operatore. La situazione è più difficile quando il paziente non è nel pieno possesso delle sue capacità cognitive. Ma anche qui è importante ricordare che lo scatenamento de delirio si deve attribuire ad un fenomeno che avviene all’interno del cervello dell’assistito e quindi la realtà esterna funge da stimolo e non da causa. Gli approcci proposti sono vari, dal Metodo Validation, all’Approccio Capacitante, al Gentlecare, ma – a prescindere da tutto – per ridurre l’aggressività del paziente anziano affetto da demenza e migliorare il rapporto con l’operatore, è necessario ridurre l’impatto emotivo sul professionista.
Avere a cura la salute psichica di quest’ultimo ha un costo al quale però non si può rinunciare senza incorrere nel burnout, nell’assenteismo o in fenomeni di nonnismo. Il modello funzionale non si adatta più alle esigenze, perché è cambiata la visione stessa della persona. Quest’ultima deve essere considerata attraverso un approccio olistico, che tenga conto di tutte le dimensioni che la compongono, biologica, psicologica e sociale. Affrontare il fenomeno della violenza in Rsa richiede molti sforzi, ma porterà frutti solo se l’istituzione chiamerà in gioco tutte le professionalità, puntando sulla formazione, su un’organizzazione flessibile e su un ambiente che tenga conto dei bisogni delle persone che lo compongono.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)