Una delle realtà che ha dovuto maggiormente riorganizzare l’attività assistenziale a causa della diffusione del coronavirus, è quella dell’hospice.
Per documentare il cambiamento messo in atto in queste strutture è stato recentemente pubblicato uno studio descrittivo dove, attraverso la compilazione di un questionario effettuato con un’intervista telefonica, si è cercato di capire come si sono organizzati gli hospice di Italia per far fronte all’epidemia.
L’indagine, svolta a marzo 2020, ha coinvolto sedici hospice italiani suddivisi in base al rischio COVID-19 in regioni ad alto rischio (oltre 25 casi COVID-19 per 100.000 abitanti), a medio rischio (15-25 casi per 100.000) e a basso rischio (meno di 15 casi per 100.000).
Tutti gli hospice hanno modificato le politiche di accesso dei visitatori: dodici strutture hanno consentito l’accesso ad un solo parente per paziente, due hospice hanno concesso deroghe in caso di fine vita, altri hanno consentito l’accesso ai visitatori solo quando i pazienti stavano morendo. Un hospice (in area ad alto rischio) richiedeva che i visitatori rimanessero nella struttura giorno e notte, mentre due strutture erano completamente chiuse ai visitatori.
Anche in caso di decesso, gli hospice hanno attuato politiche differenti.
Quattro strutture hanno limitato il numero di parenti che potevano vedere la persona deceduta; un hospice ha vietato a qualsiasi parente di vedere la salma e un altro permetteva ai parenti di vedere il corpo del defunto attraverso una finestra.
Ulteriori approfondimenti dell’indagine sono disponibili collegandosi al link.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)