L’Occidente invecchia, è un dato di fatto. Ma gli occidentali sembrano del tutto impreparati ad accettarlo. C’è un rifiuto della nostra epoca a confrontarsi con l’invecchiamento del corpo e con le emozioni che su di esso agiscono, con il peso della memoria – o la sua perdita. Prevale un tendenza che sembra ammiccare a una certa idea di “eternità” che serpeggia, a scapito degli aspetti più umanamente fragili e caduchi. Le narrazioni sembrano il terreno più adatto per affrontare questo tabù, come dimostra la crescente produzione di storie che hanno al centro personaggi in età avanzata. Più donne che uomini, per la verità, poiché se è vero per tutti che si è modificata la mappa della vita – e con essa l’immaginario sulle età – sono più le donne degli uomini a essere state coinvolte in un cambiamento radicale nella concezione, percezione e figurazione della vecchiaia; perché il corpo delle donne, più di quello degli uomini, è stato ed è al centro di sperimentazioni biologiche e dell’ingegneria della riproduzione; perché, in tempi molto recenti, è in atto un pericoloso rifluire di mentalità antiquate o del tutto ignare della libertà delle donne, o che l’hanno decisamente in odio e vi reagiscono con la violenza; infine, perché le ragazze del Sessantotto, che hanno ben imparato a riflettere su se stesse, sono quelle della “prima volta” anche per quanto riguarda la vecchiaia.
(Fonte: http://www.iacobellieditore.it)