In Italia oggi sono oltre 350mila le persone colpite dalla malattia di Parkinson e i numeri sono in continua crescita. I dati mostrano anche un incremento di forme giovanili, con esordio fra 21 e 40 anni: negli ultimi 60 anni si è passati da una frequenza dell’1% a punte di oltre il 18%, con media generale del 5. Dovuta a disfunzioni cellulari, la malattia innesca nell’organismo un meccanismo che si autoalimenta e che provoca la progressione dei sintomi. Ecco perché l’approccio precoce è fondamentale per arginarne gli effetti.
La ricerca condotta da Fondazione Humanitas nell’ambito del più ampio Progetto Argento Vivo studia i possibili geni coinvolti, riuscendo a identificare quelli che con molta probabilità porteranno allo sviluppo della malattia e i geni più ' probabilistici', che espongono la persona a un maggior rischio (ma non alla certezza). Nel secondo caso, giocano un ruolo importante l’eventuale presenza di fattori ambientali predisponenti, come l’esposizione a tossine esogene (pesticidi, metalli, prodotti chimici industriali) e lo stile di vita (dieta e fumo).
Il prossimo passo consiste nell’intercettare soggetti ancora sani ad alto rischio di malattia e mettere a punto terapie che possano interferire con i meccanismi di azione della patologia, rallentando la progressione del Parkinson. L’obiettivo finale in questo campo è trovare le molecole in grado di agire esattamente dove c'è bisogno. Lo scenario della ricerca è cambiato, si è parcellizzato, ci sono molti centri attivi e indipendenti, come Humanitas, con idee e determinazione. Molte molecole sono in fase di sperimentazione e spesso, quando c’è dinamismo, i risultati arrivano.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)