Una survey dell’Istituto Superiore della Sanità ha stimato che tra febbraio e maggio 2020 il tasso di mortalità tra i residenti nelle strutture protette italiane è stato del 9,1%. A fronte di ciò risulta necessario partire dalla consapevolezza che, salvo eccezioni, i responsabili e gli operatori delle strutture avevano cercato di fare del proprio meglio. Pur tenendo conto delle inevitabili conseguenze che avrebbe comportato l’interruzione protratta di tutti i contatti con l’esterno e l’impossibilità di incontro tra i familiari. A ciò si aggiunga la difficoltà per le strutture, di dover gestire un’emergenza fuori della quotidianità, stravolgendo le consuetudini e i protocolli fin lì adottati.
Tali questioni sono alla base di uno studio condotto dal Centro di Ricerca Relational Social Work dell’Università Cattolica di Milano, che ha preso in considerazione 7 Case Residenze per Anziani non autosufficienti della Regione Emilia-Romagna, differenti per dimensioni del territorio, numeri di posti letto e gestione pubblica/privata. Le 44 interviste fatte ad alcuni operatori, familiari e ospiti hanno restituito un quadro complesso, in cui è evidente come, al di là della retorica e dell’inadeguatezza, sia emersa la volontà di tutti ad affrontare una condizione del tutto inattesa. Sono così state rese note le diverse strategie attraverso cui, ad esempio, si è cercato di attenuare le conseguenze dell’isolamento, o quelle per continuare a stimolare le persone non autosufficienti o a mantenere possibili i contatti con i familiari.
Gli anziani ospiti hanno affrontato la situazione con una consapevolezza superiore alle aspettative. La scarsità dei dispositivi di protezione individuale è stato il problema maggiore: a tal proposito emerge la disparità di trattamento tra ospedali e strutture per anziani. Tuttavia queste ultime spesso si sono viste rifiutare il ricovero dovendosi così riorganizzare in veri e propri reparti Covid. Dalle interviste emerge poi la volontà di collaborazione e lavoro di squadra e il desiderio di mettere al centro le relazioni, pur in un contesto di emergenza.
La relazione tra ospiti e operatori si è rivelata fondamentale: significativo che questi ultimi, compresi i coordinatori, abbiano affermato di aver trovato la forza per affrontare la situazione nei primi e viceversa. La relazione tra operatori e familiari si è forse rivelata più critica, come si può immaginare dato il vissuto di angoscia dei familiari, attenuato solo in parte nel momento in cui sono iniziate le video chiamate.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)