La ripresa della pandemia ha nuovamente richiamato l’attenzione sulla sofferenza dei residenti nelle Rsa e sulle difficoltà del personale che sene occupa. Nello stesso momento ci sono verso queste strutture atteggiamenti molto critici, come il recente articolo su Repubblica che ne invoca la chiusura.
Certamente le Rsa potrebbero essere migliorate ma chiuderle non è la soluzione. Infatti lascerebbe irrisolto il problema di tanti anziani, lasciandoli completamente a carico delle famiglie. Bisogna quindi lavorare su due percorsi paralleli; le Rsa, che devono inventarsi nuove modalità di assistenza, anche tenendo conto dei problemi di origine infettivologica, e l’assistenza domiciliare, che ha bisogno di investimenti per offrire diversi modelli di assistenza adeguati ai bisogni diversi delle famiglie.
Modelli nuovi che tengano soprattutto contro delle persone ultraottantacinquenni, con molte malattie e con una ridotta autonomia, spesso dovuta anche a deficit cognitivi. Un tipo di paziente che ha bisogno di un’assistenza sulle 24 ore, che non è possibile seguire a domicilio. Inoltre bisogna tenere conto di tutti quegli anziani soli che non hanno famiglie che li possano assistere. In conclusione le Rsa devono continuare a svolgere il loro ruolo nei riguardi degli anziani fragili; ma allo stesso tempo va trovata una nuova modalità di lavoro, cercando di conciliare meglio gli aspetti di salute con la qualità di vita che viene offerta ai residenti.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)