La seconda giornata del congresso Uneba a Lignano Sabbiadoro è stata dedicata al contributo offerto dal mondo delle Rsa all’emergenza Covid. «Ci ha ferito la demonizzazione di queste strutture, scattata per il solo fatto che vi si moriva, come ovunque si moriva. Almeno, nelle nostre case di riposo non si moriva soli» ha puntualizzato il direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale della salute, don Massimo Angelelli. Peraltro, non morivano solo gli ospiti. Il presidente dell’Inail, Franco Bettoni, ha fornito i dati degli infortuni degli operatori della sanità e dell’assistenza sociale durante la pandemia: 85.000 denunce, 120 morti. Le denunce di contagio dei servizi di assistenza sociale, residenziale e no, sono quasi 31.000 e l’83% riguarda donne (rispetto alla media del 68%) e 9.000 stranieri (30% contro il 13,6). L’analisi per professione evidenzia che la categoria più colpita è quella delle professioni qualificate nei servizi sanitari e sociali, gli operatori sociosanitari anzitutto, con il 40% delle denunce.
Secondo il presidente, gli esiti letali si sono concentrati all’inizio della pandemia, prima dell’adozione sistematica delle misure di prevenzione e ciò testimonia l’efficacia delle vaccinazioni e una sempre più corretta gestione del rischio sui luoghi di lavoro, che si sono sempre dimostrati sicuri. Usciti (o quasi) dal tunnel, afferma infine, bisognerà rimetter mano al personale, se si vuole mantenere la «solidarietà, organizzata e concreta, la cura dell’altro, la vicinanza assicurata a chi altrimenti verrebbe sospinto nella marginalità» lodate dal presidente Mattarella nel messaggio al congresso.
Il capo dello Stato ha riconosciuto il «ruolo prezioso» delle Rsa e il vicepresidente Agenas Giacomo Bazzoni ha criticato duramente l’ipotesi di toglier loro risorse per assegnarle all’assistenza domiciliare, avanzata dalla commissione ministeriale. Il settore, del resto, sta implodendo per mancanza di personale: la ripresa delle assunzioni negli ospedali ha svuotato queste strutture no profit perché lo Stato calcola il fabbisogno di medici, infermieri e professioni sanitarie solo in base a quello delle strutture pubbliche e per affrontare le sfide aperte in questa nuova fase la Cei lavora alla convergenza tra gli ospedali religiosi dell’Aris e le residenze di Uneba pensando a un ente congiunto che possa gestire alcuni progetti.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)