Le Rsa cambieranno dopo questa pandemia. E' infatti emersa in tutta la sua fragilità il modello di assistenza agli anziani finora usato.
I morti di Covid sono per la maggior parte da conteggiare nelle Rsa, colpite duramente anche in questa seconda ondata. Certo, sono presenti più protezioni e tamponi ma manca il personale e regole uguali per tutto il settore. Cambiano a seconda delle Regioni le tariffe, standard strutturali e setting assistenziali, manca una classificazione univoca dei bisogni dei pazienti. Questo porta a l'impossibilità di raccogliere dati certi e omogenei, e denuncia comunque la scarsa preparazione sanitaria, tecnologie col contagocce, e la formazione degli addetti inadeguata. Gli stessi gestori dei principali gruppi presenti in Italia chiedono un consulto con il ministero per concordare criteri comuni per alimentare nuovamente il settore e far emergere il "nero".
Saranno disponibili infatti 1,5 miliardi per le Rsa e l'assistenza domiciliare integrata (Adi) dove l'Italia è ultima in Europa. Risorse che si vogliono occupare per dare risposte concrete alle famiglie, organizzando una filiera assistenziale che inizi da check sistematici dal medico di famiglia a partire dai 75 anni, per stimare le potenziali fragilità. Per poi essere orientati verso l’Adi o per la Rsa. Vanno anche attivate in ospedale le "Unità per le fragilità" con percorsi separati al pronto soccorso.
Per le Rsa si deve definire un identikit valido per tutto il Paese, riorganizzandole e inserendo figure professionali più qualificate, infine vanno dotate di tecnologie atte a poter contare le famiglie anche a distanza.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)