Nel 2019 l’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) aveva calcolato che l’introduzione del salario minimo a 9 euro lordi comporterebbe un costo per le imprese italiane di 6,7 miliardi di euro. La soglia individuata in realtà è più bassa dei minimi previsti dalla maggior parte dei contratti collettivi nazionali. Per alcune tipologie di lavoratori però il discorso è differente. L’Osservatorio Domina sul lavoro domestico ha misurato l’impatto che un simile provvedimento avrebbe sul bilancio familiare di un pensionato o di una famiglia italiana tipo, confrontando lo scenario attuale e quello (ipotetico) con l’introduzione del salario minimo.
Oltre il 60% degli anziani ha un reddito complessivo al di sotto dei 20mila euro annui, ovvero di circa 14.600 euro annui spendibili (al netto delle tasse), e oltre un quarto al di sotto dei 10mila euro. L’introduzione del salario minimo raddoppierà di fatto, con un aumento effettivo del 91,5%, il costo per l’assunzione di una badan- te a tempo pieno convivente: il contratto da 54 ore passerebbe dagli attuali 16mila a 32mila euro lordi l’anno. Aumenti del 41,1% nei casi di una badante assunta part-time, cioè 25 ore settimana (da 10 a 14mila euro lordi) e del 27,8% per una assunta per 40 ore e non convivente (da 18 a 23mila euro). Secondo un’indagine dell’Istat le persone sole con almeno 65 anni spendono mediamente 1.338 euro al mese, principalmente per cibo, vestiario ed utenze.
A conti fatti su quasi 14 milioni di pensionati solo una piccola parte può permettersi un’assistenza continuativa con il solo reddito da pensione (circa il 10%). Con l’introduzione del salario minimo questa percentuale si ridurrebbe al 2,2%, rendendo necessario l’intervento dei familiari (generalmente i figli) o l’utilizzo di risparmi. Per Lorenzo Gasparrini, segretario generale di Domina, il costo medio di un’assistente alla persona già oggi non è sostenibile per la maggior parte dei pensionati italiani, che quindi devono essere sostenuti dai figli o attingere ai risparmi. L’introduzione del “salario minimo” anche per i lavoratori domestici renderebbe di fatto impossibile questa spesa per le famiglie italiane, alimentando inevitabilmente il lavoro nero. Considerando che già oggi il lavoro domestico registra il 57% di irregolarità, l’obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre gli oneri per le famiglie, non aumentarli.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)