Nonostante la sanità stia andando sempre più verso un modello privato, numerose ricerche dimostrano che privatizzare non significa abbattere i costi e migliorare i servizi. Almeno non per quel che riguarda la salute. L’ultima conferma in ordine di tempo è arrivata dall’Ocse che in un report ha messo a confronto i sistemi sanitari dei Paesi che ne fanno parte. Nel rapporto fra spesa sanitaria e prodotto interno lordo l’Italia si ferma all’8,8% (di cui il 6,6% a carico dello Stato e il restante 2,2% dei privati), un livello leggermente inferiore alla media Ocse (8,9%) e non troppo lontano da quello degli altri Paesi europei. La riduzione della spesa in questi anni si è ottenuta soprattutto in seguito alla riduzione del personale sanitario e dei posti letto (oggi ce ne sono 3,4 per 1000 abitanti a fronte di una media Ocse del 4,8 per mille) e alla sempre più decisa contrazione della spesa farmaceutica che è scesa del 3,2%. In Italia, infine, la spesa sanitaria rappresenta oggi soltanto il 13% della spesa pubblica totale rispetto al 15 % della media Ocse.
Ancora più complicata è la situazione per quel che riguarda gli anziani, un problema destinato ad acuirsi negli anni a venire e non solo in Italia. Secondo l’Ocse gli over 60 saranno 2,4 miliardi nel 2050, a fronte degli attuali 869 milioni. Considerato l’odierno sistema di welfare, nemmeno i modelli sanitari più avanzati saranno in grado di rispondere in termini di servizi e di assistenza ai cittadini. Se l’attuale rapporto è di un pensionato ogni due lavoratori attivi, la previsione è che la proporzione sia di 1 a 1 entro i prossimi 35 anni. L’Italia è risultata al quarto posto dopo il Giappone, la Svizzera e l’Australia. L’attuale rapporto è di un pensionato ogni due lavoratori attivi.
(Fonte: tratto dall'articolo)