I gusti dipendono dalla genetica, da come sono strutturati i nostri sistemi sensoriali, dai meccanismi di gratificazione cerebrale ma anche dall’età e cambiano nel tempo. Spiega Erminio Monteleone, presidente della Società Italiana di Scienze Sensoriali che siamo tutti un po’ neofobici (cioè la paura di ciò che è nuovo) e il picco lo si ha nei bambini fra l’uno e sei anni. La neofobia è correlata alla tendenza a rifiutare soprattutto cibi vegetali, per questo è opportuno intervenire per ridurla. Il problema ha una forte compenente familiare: i figli di neofobici più facilmente lo saranno. Per invertire la rotta, poichè il gusto si forma dalla vita intrauterina, la mamma deve iniziare dalla gravidanza una dieta molto varia. La densità delle papille gustative sulla lingua e quindi la sensibilità ai gusti si stabilizza attorno agli otto anni. Crescendo, i gusti si consolidano anche se nelle donne spesso li cambiano in gravidanza, probabilmente perché la donna sia più attenta ai responsi sensoriali per tutelare la salute del bimbo. Quindi magari diventa ipersensibile a sapori come l’amaro o l’acido, sapori più o meno consciamente ritenuti “pericolosi”. Il che è l’opposto di quanto avviene da anziani, quando si perde parte della capacità olfattiva e gustativa e la sensibilità ai sapori diminuisce. «Nella terza età – dice il professor Monteleone - è soprattutto la memoria a guidare le scelte alimentari perché i gusti si sentono meno; gli anziani sono molto conservatori e torna a crescere la diffidenza verso i cibi insoliti, non “ricordati”, una neofobia di ritorno frequente soprattutto negli ultraottantenni, che può portare a malnutrizione se l’alimentazione diventa troppo monotona».
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)