Dai dati della ricerca voluta da Vidas (l’associazione no profit di assistenza alle persone con malattie inguaribili) e condotta da Focus Management su un campione di 400 cittadini lombardi risulta che le norme relative al biotestamento (Dat) risultano conosciute solo superficialmente. Questo anche a causa del fatto che pochissimi Comuni si sono attrezzati per poter dare informazioni e raccogliere le Dat e che anche le Asl molto spesso non hanno le risorse per farlo. Ci sono notai messi a disposizione dei Comuni gratuitamente, ma, visto che l’informazione è lasciata a libere iniziative non coordinate, la popolazione ne ignora l’esistenza. Non sono ancora attivati i Registri regionali collegati a uno nazionale, così da poter rendere le informazioni fruibili ovunque. C’è anche un problema psicologico da parte delle persone che tendono, quando si pensa alla propria morte, a rimuovere il problema e rimandare la questione a data imprecisata. Ciò anche a causa della confusione tra Disposizioni anticipate di trattamento ed eutanasia, atto, tra l’altro, non normato in Italia. Le Dat, disposizione anticipate di trattamento, invece, sono un aiuto per i medici nel prendere in emergenza decisioni conformi alla volontà del paziente, qualora quest’ultimo non sia cosciente o quando il malato non sia più in grado di esprimersi. Nelle Dat è molto importante la relazione tra medico e malato, e tra équipe e nucleo-paziente-famiglia, e comunque, in ogni momento della propria vita, il Biotestamento può essere cambiato. Occorre ricordare inoltre che, in caso di malato cosciente, la sua viva voce prevarrà su qualsiasi documento scritto in passato. Altro elemento che porta perplessità è la possibilità di un conflitto tra volontà del dottore e volontà del paziente espressa nelle Dat, ma il quadro giuridico ha chiaramente indicato che ogni persona ha il diritto di decidere per sé nel presente e ora anche per il futuro, se e quali trattamenti intraprendere o interrompere.