Un nuovo studio condotto dagli scienziati del MDI Biological Laboratory (USA), del Buck Institute for Aging Research (USA) e della Nanjing University (Cina), ha identificato i percorsi cellulari verso la longevità che hanno aumentato di cinque volte l’aspettativa di vita di un particolare tipo di verme.
Si tratta di un nematode di nome Caenorhabditis elegans, un verme comunemente usato come modello nel campo della ricerca in materia di invecchiamento perché condivide vari geni e percorsi metabolici con gli esseri umani.
Inoltre, la sua aspettativa di vita di sole 3-4 settimane rende più facile per i ricercatori l’accesso agli effetti degli interventi sulla longevità.
Nello specifico, gli scienziati hanno ingegnerizzato geneticamente le vie di segnalazione dell’insulina (IIS) e il bersaglio della via rapamicina (TOR), oltre ad altre funzioni mitocondriali.
Altri ricercatori, in passato, avevano scoperto che le vie alterate dell’insulina portano ad un aumento del 100% della durata di conservazione e la proteina TOR ad un aumento del 30%. Pertanto, gli scienziati si aspettavano che il verme in questione vivesse il 130% in più, invece sono rimasti sbalorditi dallo scoprire che l’aumento della durata della vita è stato di circa il 500% in più.
Questi risultati mostrano che l’invecchiamento non è semplicemente il risultato di un singolo gene, ma piuttosto una confluenza di reti che lavorano tutte insieme.
I ricercatori ora intendono capire di più sull’effettivo ruolo dei mitocondri dell’invecchiamento per comprendere se eventuali manipolazioni genetiche possano avere un effetto simile anche sugli esseri umani.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)