La nuova tecnica per identificare il tumore alla prostata è stata presentata nello studio «Precision», pubblicato sul «New England Journal of Medicine». La ricerca, svolta da ricercatori di 11 Paesi (3 gli italiani presenti), ha mostrato come il «filtro» della risonanza magnetica è, molto probabilmente, un elemento utile per ridurre la diagnosi di tumori indolenti e rendere più accurata quella delle neoplasie «attive». Lo studio si è svolto con la suddivisione in due gruppi di un campione di 500 uomini che avevano già effettuato il dosaggio del Psa con valori rilevati tra 4 e 10, cioè valori che non permettono di avere il fondato sospetto della presenza di un tumore né di escluderlo. Così a metà dei partecipanti è stata fatta la biopsia prostatica ecoguidata, mentre l’altra metà ha fatto la risonanza magnetica, e solo successivamente, in caso di ulteriore sospetto, la biopsia. Ciò potrebbe portare ad un cambiamento nell’approccio diagnostico, anche se ciò non significa che tutti gli uomini in sospetta diagnosi di tumore faranno solo la risonanza magnetica. Infatti, nota lo specialista: «Tra i pazienti che hanno una risonanza negativa il 10% ha comunque un tumore. Per questo è fondamentale che l’esame sia fatto da un radiologo esperto, perché in alcuni casi la discordanza nell’osservazione di una risonanza può riguardare un paziente su due. E che, poi, tutto sia seguito dal consulto dell’urologo: una biopsia potrebbe essere comunque necessaria».
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)