Nel 2015 per la prima volta in Italia c’è stato una battuta d’arresto rispetto all’aspettativa di vita che può essere anche ricondotto all’eccesso di mortalità dell’anno passato. Ma occorre vedere se è un fenomeno passeggero, o una tendenza che continua. Comunque un fenomeno da osservare con qualche preoccupazione. Il Rapporto dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane ha mostrato come la crisi economica e le politiche di austerità, hanno ridotto le politiche di prevenzione. Chi non ha i mezzi trascura di più la propria salute, fa meno prevenzione e riceve le cure necessarie in ritardo, come appare evidente nelle regioni meridionali dove la povertà è più diffusa. Secondo il Rapporto, anche i Lea (livelli essenziali di assistenza) non sono garantiti uniformemente su tutto il territorio nazionale, quindi le disuguaglianze sociali si riflettono nella salute e nelle chance di sopravvivenza. L’Istat ha pubblicato per la prima volta i dati sulle speranze di vita per livello di istruzione che mostrano come ad una maggiore istruzione corrisponde una più alta aspettativa di vita e che lo scarto nelle speranze di vita alla nascita è maggiore tra gli uomini che tra le donne. Nel 2012 la differenza tra le speranze di vita (alla nascita) di un laureato e di un uomo con licenza elementare era di 5.2 anni a favore del primo. Tra le donne era di “soli” 2,7 anni. Sicuramente la maggior attenzione agli stili di vita, ambiti di vita e lavoro più salubri e stimolanti portano a queste differenze. E’ quindi importante sia un’opera di prevenzione diffusa e attenta a queste disuguaglianze, sia un servizio sanitario che supporti chi è svantaggiato
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)