La complessità e l’interconnessione delle funzioni cerebrali dimostrano sempre di più il legame fra sensi e cognitività: ciò che si sente, si vede e si odora riverbera in tutto il cervello e lo mantiene attivo. Il rapporto “Il cervello in ascolto – Lo stretto intreccio fra udito e abilità cognitive”, coordinato da un gruppo di esperti internazionali, sottolinea che se manca una corretta stimolazione sensoriale il cervello “si inceppa”, e che esiste uno stretto legame tra calo dell’udito e declino cognitivo. Non sentire bene aumenta infatti di tre volte il rischio di deficit cognitivi, e di demenza in tre casi su quattro. Questo perché con gli stimoli uditivi vengono attivate molte aree cerebrali: infatti una parola “accende” sia le aree in cui viene sentita, che quelle in cui è compresa. In caso di deficit uditivo nel cervello possono essere presenti modifiche strutturali e funzionali, mentre il declino cognitivo dovuto all’età può peggiorare le capacità di ascolto favorendo l’ipoacusia. Ciò affatica il cervello perché aumenta l’impegno cognitivo necessario all’ascolto. Per questo è importante intervenire tempestivamente. In Italia su 7 milioni di persone con difficoltà uditive solo 1,8 milioni usano gli apparecchi acustici nonostante degli interventi tempestivi possano, oltre che migliorare la qualità di vita, rallentare il declino cognitivo nell’arco di 25 anni.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)