La malattia comporta non solo disagi fisici intrinseci al male, ma anche psicologici che influenzano molto il morale, e non solo per la paura di non guarire. Il malato sa che cambiano molte cose, dal lavoro al suo ruolo nella famiglia. Colui che era immagine di efficienza e pragmatismo in famiglia e nella società diventa oggetto fragile, dipendente da altri. Cambia il proprio ruolo perché si diventa figlia o figlio del proprio figlio, e il nuovo stato va rielaborato. La propria mancanza di forze viene a vissuta come un rammarico, una colpa di non riuscire a superare il problema senza l’aiuto degli altri, anche in caso di situazioni non gravi. Ci si accorge quindi di come sia facile perdere l’autonomia e si prova una situazione di inferiorità, che per alcune persone è insopportabile, e li porta a demoralizzarsi e ad arrabbiarsi con chi li supporta. Per questo il medico non deve dimenticarsi che ci sono risvolti psicologici e morali che accompagnano il malato, che possono destabilizzarne l’equilibrio e la salute; deve quindi porsi come un punto di riferimento sia per il malato che per la famiglia ed aiutarli a superare il disagio con comprensione, consigli e ascolto.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)