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Giunco Fabrizio

Se l’età anziana non è solo medici e radiografie

Animazione Sociale, 04, 2021, pp.9-21

Prima del Coronavirus era già noto che l’Italia non avesse un vero e proprio sistema di cure territoriali (cosiddetto Long Term Care – LTC), come del resto sottolineava già nel 2015, l’OECD, ovvero l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico. Partendo dalle Rsa, è importante rivedere una delle affermazioni più comuni, ossia che in Italia siano in numero superiore rispetto agli altri Paesi. Su questo bisogna fare chiarezza. Il servizio che la legge 833/78 descrive come Rsa di fatto esiste ancora ma oggi ha un altro nome, spesso Cure Intermedie, una sorta di degenza extraospedaliera con obiettivi riabilitativi prima del rientro del paziente al domicilio.

In molti casi però le Rsa odierne non sono eredi delle vecchie case di riposo, che accoglievano anziani in buone condizioni in cerca di compagnia. Più spesso sono luoghi di anziani fragili con poca o nulla autonomia. Proporre di sostituire le residenze con l’assistenza domiciliare, dunque, non ha molto senso, trattandosi di due servizi non alternativi. Sia l’Adi (Assistenza Domiciliare Integrata) che la Sad (Servizio di Assistenza Domiciliare) sono però in crisi, e non raggiungono neanche lontanamente il bacino di utenza cui sono destinati. Una situazione ben lontana dalle medie europee.

Il ritardo italiano è dovuto a vari fattori, come la scelta di preferire i sussidi economici ai servizi. Altri ritardi sono culturali, come l’esigenza degli anziani di lasciare soldi e case a figli e nipoti. Un’alternativa, tipica del modello danese, è rappresentata dal social housing, termine che definisce tutte le soluzioni abitative sostenute da investimenti pubblici, destinate a cittadini in difficoltà per malattia, solitudine, disagio sociale. Un aspetto di questa soluzione è rappresentata dalle Nursing Homes, equivalenti alle Rsa ma gestite sui principi dell’abitare sociale. Chi vi accede stipula un contratto di affitto, paga le spese accessorie e accede al comitato degli inquilini.

Sono previsti spazi comuni e privati e la presenza eventuale (obbligatoria nel caso di quelle che ospitano anziani con problematiche) di staff dedicati e aree di servizio. Nel modello danese tutti devono ricevere interventi di pari qualità e quantità, a prescindere dall’abitazione nella quale si trovano, individuale o in cohousing. Si preferisce spostare i servizi per portarli alle persone piuttosto che il contrario, secondo una visione che privilegia le risposte ai bisogni individuali e la continuità di cura, non tralasciando i pasti a domicilio, il supporto per rigovernare la casa e l’igiene personale, nonché un’attenzione particolare alla prevenzione che prevede visite periodiche per gli over 75.

In Danimarca poi si evitano forme di cohousing sociale "ghettizzanti". Per evitare emarginazioni e favorire l’integrazione si punta piuttosto sul favorire un normale mix generazionale, come accade con le viviendas dotacionales catalane. La gestione di questi complessi non è poi lasciata ad un semplice amministratore, pure previsto, ma ad una cooperativa che mette in campo un coordinatore, educatore o operatore sociale, per favorire dialogo e integrazione. Inoltre, un'attenzione specifica è riservata alla vicinanza con i servizi e il trasporto pubblico per garantire la mobilità e l’indipendenza dei residenti. Si tratta di un modello al quale vanno destinate molte risorse, ma del resto la spesa per l’assistenza in Italia non è poca. Il limite sta nella mancanza di coordinamento e in un’offerta troppo “dispersiva”, nella quale le persone devono adeguarsi al budget e non il contrario.

La rete dei servizi è frammentata e a volte tortuosa, un problema per le famiglie. È necessario dunque ripensare il paradigma di approccio alla vecchiaia, a partire dai modelli abitativi ed urbani. I tempi sono oggi maturi per una riforma del sistema sanitario e prima ancora di quello sociale. Magari attingendo proprio all’esempio danese, potenziando reti accessibili per i più semplici servizi di sostegno, come la spesa a domicilio. Arricchendo l’assistenza domiciliare di ciò che manca: centri diurni e di aggregazione.

In tutto il mondo si assiste ormai ad un proliferare di esperienze abitative di vita indipendente ed assistita: è giunto anche per l’Italia il momento di adeguarsi.

(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)

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Autore (Cognome Nome)Giunco Fabrizio
Casa Editrice, città
Collana
Anno Pubblicazione2021
Pagine9-21
LinguaItaliano
OriginaleSi
Data dell'articolo19000101
Numero04
Fonte
Approfondimenti Online
FonteAnimazione Sociale
Subtitolo in stampaAnimazione Sociale, 04, 2021, pp.9-21
Fonte da stampare(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)
Volume
Approfondimenti
Giunco Fabrizio
Attori
Parole chiave: Assistenza Domiciliare Cohousing Residenza Sanitaria Assistenziale Servizi assistenziali Welfare