Sono sempre di più gli autonomi: dipendenti licenziati negli anni della crisi costretti a reinventarsi e pensionati che cercano di arrotondare l’assegno. Il mondo delle partite Iva rischia una guerra generazionale: i trentenni contro i cinquanta-sessantenni che possono tentare la carta dell’autoimpiego con il «paracadute» della buonuscita dell’azienda o la sicurezza di una pensione. Da gennaio a novembre del 2015 (dati dal Ministero del Tesoro) gli under 35 che hanno iniziato una nuova attività sono stati 153.902, il 15,6 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2014. Gli over 50, invece, sono stati oltre 52mila, di cui i sessantacinquenni sono 15mila cioè il 20%. «Si tratta di professionisti che hanno sempre fatto lavori dipendenti e magari hanno pochi strumenti per affrontare il mercato - ragiona Ugo Testoni, copywriter e vicepresidente dell’associazione Acta, che rappresenta i lavoratori autonomi del terziario avanzato - Hanno pochi costi e strutture leggere però non hanno le idee chiare su quanto riusciranno a portare a casa». A scatenare la battaglia al ribasso c’è pure l’esercito dei giovani che viaggia sotto i 30mila euro l’anno. L’Adepp, associazione delle casse di previdenza private, segnala che i redditi dei professionisti hanno perso oltre il 18% in sette anni, e gli incassi di chi ha meno di quarant’anni sono inferiori del 48,4% rispetto a quelli degli over 40. «Il vero problema sono i regimi fiscali agevolati che permettono di accumulare il reddito autonomo e il reddito da pensione», dice la ricercatrice economica Anna Soru. Troppe volte, per un over 50, mettersi in proprio è una scelta obbligata, perché chi offre un’occupazione chiede di aprire la partita Iva, o propone una consulenza, racconta Stefano Giusti, dell’associazione Atdal, che aiuta a reinventarsi i cinquantenni che hanno perso il lavoro.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)