Si tratta di pellicole che sono piaciute a critica e pubblico, in Russia e all'estero, trasformando la semplice realtà in arte e che sono entrate nella storia del cinema. Segnaliamo, in particolare, “Klebnyj den” (“Bread Day”)–Sergej Dvortsevoj, 1998.
La pellicola, girata a 80 chilometri da San Pietroburgo, in una stazione abbandonata, vicino ad un villaggio dove vivono solo anziani, racconta della fatica che devono compiere gli abitanti del villaggio per far avere il pane.
Dvortsevoj, come insensibile, guarda con indifferenza, dapprima la carrozza cigolante e i tentativi degli anziani di spostarla poi, i battibecchi tra i poveri e la venditrice di pane; fissa gli avvenimenti come uno spettacolo teatrale.
In realtà, si tratta di un tuffo nelle vite dei protagonisti, da cui il regista ha magistralmente raccolto un’immagine poetica delle persone e del villaggio perduto.
Ancora, “Belovy”–Viktor Kosakovskij, 1992: questo film di Viktor Kosakovskij (1961-) è diventato un classico del cinema documentario mondiale. La storia: i Belov, due anziani, fratello e sorella, che vivono vicino al fiume. Condividono la casa ormai da molti anni. Di giorno raccolgono insieme le patate, la sera litigano a tavola. Lui, ubriaco, promette ancora una volta di ucciderla facendola a pezzi con un’ascia “perché è un essere inutile”, lei sa godersi la vita senza ragione e scopo, con semplicità. Le loro posizioni sulla vita sono come due poli opposti, tra i quali la camera si muove lentamente, con rispetto per entrambi.
(Fonte: tratto dall'articolo)