L’allarme sul picco di decessi nel 2015 è frutto di una lettura che non tiene conto di cause come età, caldo e influenza. I lettori della stampa quotidiana sono disorientati dalla frequenza con cui vengono lanciati “allarmi e molti di questi riguardano rischi di malattie.. È importante che la stampa informi in modo positivo e di educazione alla salute. Il discredito del metodo scientifico porta alla proliferazione di false credenze (vedi il caso dei vaccini). Uno degli ultimi casi è quello dell’eccesso di morti nei primi otto mesi del 2015. Sull’argomento la comunità scientifica si è mobilitata rapidamente, come testimonia la rivista Epidemiologia e Prevenzione (E&P), che dopo meno di due mesi dall’”allarme” offre un’analisi dettagliata ed equilibrata del fenomeno. Nello studio, di Paola Michelozzi e colleghi,sono stati utilizzati i dati del sistema di rilevazione giornaliera della mortalità attivo in 32 città italiane, che conferma una mortalità più elevata nel 2015, con un incremento pari all’11%; l’analisi stagionale mostra che l’eccesso è stato più elevato nei mesi invernali. Secondo Michelozzi e colleghi l’interpretazione che accomuna questi fenomeni è la presenza di un pool di soggetti a rischio per età che ad ogni stagione è esposto a diversi fattori di rischio. Un secondo articolo dal significativo titolo «Una strage o solo un dato statistico?» di Cesare Cislaghi, Giuseppe Costa ed Aldo Rosano, offre un’interpretazione coerente con le osservazioni del gruppo di Michelozzi. Secondo gli autori ciò che si è perso nella discussione è che oltre all’aumento dei decessi sono aumentati anche i soggetti in tarda età. L’aumento, prodotto da eventi molto remoti,infatti tra il 1917 ed il 1920 vi è stata una forte denatalità, dovuta sia alla morte dei potenziali padri sia alla maggiore mortalità infantile per l’epidemia d’influenza “spagnola”. Inoltre è la stessa coorte di nascita che attorno ai vent’anni ha dovuto partecipare alla seconda guerra mondiale, con conseguenti perdite di vite umane. Questo deficit di nati negli anni 1917-20 si è tradotto in un deficit di ultranovantenni negli anni precedenti al 2015. Quando le coorti di nascita successive al 1920 sono diventate ultranovantenni (adesso), si è verificato - rispetto agli anni prima - circa un 40% in più di persone in quella fascia di età. Questo fa sì che compaia un 40% in più di soggetti a rischio di morire, e di conseguenza che ci sia anche un 40% in più di decessi.
(Sintesi redatta da: Flavia Balloni)