Nell’ultima conferenza stampa, quella con il governo schierato in corpore che ha decretato lo stato di necessità, chiuso le scuole post-obbligatorie e le università, i luoghi di intrattenimento, vietato le manifestazioni con più di 50 persone e vietato gli eventi sportivi, non è mancato un forte e necessario richiamo all’unità. Unità che significa – se non erro sono state queste le sue precise parole – ‘remare tutti nella stessa direzione’.
Ovvero seguire la miglior via per ridurre al minimo i contatti intergenerazionali, per riuscire a spalmare l’arrivo del picco del virus (che potrebbe mandare in tilt il sistema sanitario ticinese). Così, se la ragione (comprensibilissima) della chiusura delle sole scuole post-obbligatorie era e rimane quella (i ragazzi si autogestiscono), mal si comprende perché non dare l’opportunità anche a chi frequenta Elementari e Medie di rimanere a casa.
A un patto, lo scriviamo a lettere cubitali: che a casa non vi siano miscugli generazionali, ossia che i nipoti non vengano gestiti dai nonni, finendo per contagiarli e remando quindi nella direzione opposta.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)