L’Italia fotografata dall’Istat è un paese ancora in crisi, molto frammentato e diseguale, con un alto tasso di povertà e sempre più vecchio (il 22% ha più di 65 anni), che non fa figli e dove la mobilità sociale è bloccata. Sette giovani su 10 restano con i genitori e sono 2,2 milioni i «Neet» che non studiano più e non cercano lavoro e oltre il 30% delle famiglie ha grandi difficoltà economiche. E’ sparito il senso di appartenenza alla classe operaia e alla borghesia, l’Italia è oggi un paese soprattutto di impiegati e di pensionati. Sono questi ultimi due i gruppi più numerosi e con un buon redditto: 4,6 milioni (17,8% del totale) e ben 12,2 milioni di individui i primi, 6 milioni (22,7%) e 10,5 milioni di persone i secondi. L’Istat individua 9 differenti gruppi sociali, di cui 4 a basso reddito: sono le «famiglie a basso reddito con stranieri» soprattutto al Centro-nord, quelle «di soli italiani» al Mezzogiorno; le «famiglie tradizionali della provincia» (Nordest, Centro e Sud) e quelle formate da «anziane sole e giovani disoccupati» (Liguria e Mezzogiorno) per un totale di circa 8,2 milioni di nuclei. Sono tutti a rischio povertà, in alcuni casi già conclamato e incombente e non possono nemmeno più curarsi. Poi ci sono le «famiglie degli operai in pensione» e i cosiddetti «giovani blue-collar» (2,9 milioni di nuclei e 6,2 milioni di individui al Nord ed al Centro). Infine i due nuclei a situazione migliore: le famiglie che fanno riferimento alla classe dirigente (1,8 milioni di nuclei, 4,6 milioni di persone in Liguria, Lombardia, Emilia e Lazio), laureati e con reddito del 70% maggiore della media, e le pensioni d‘argento. Queste ultime contano 2,4 milioni di famiglie (5,2 milioni di individui al Nord e al Centro).
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)