L’architetto Sandro Polci è l’inventore del termine silver cohousing, l’abitare condiviso per coloro che hanno i capelli d’argento – gli anziani. Un’idea che cambia il concetto di residenzialità condivisa, non solo per gli over 65 in difficoltà economiche, ma utile anche a liberare spazi nelle periferie urbane con un ritorno economico: il recupero di abitazioni ormai in disuso.
Proposte, le sue, presentate lo scorso marzo in Parlamento, nel corso di un’audizione per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In Italia ci sono 7 milioni di case vuote, ma non tutte sono seconde case; quelle senza inquilini sono 2.700.000. Contro la fatiscenza degli immobili, la "periferizzazione" delle aree urbane, vanno pensate soluzioni di recupero, volte a favorire la condivisione delle abitazioni specie per coloro che, per ragioni di reddito, non possono permettersene una in proprio.
Per Polci il silver cohousing si presenta come un vero e proprio piano strategico per rendere disponibile almeno il 30% della pensione di chi condivide, per aumentare il proprio benessere e impiegare al meglio il patrimonio immobiliare – oggi mal utilizzato – in ragione delle effettive necessità di utenti, proprietari, affittuari, liberando risorse per investimenti e riammodernamenti. Le abitazioni libere, sostiene, grazie alle scelte della condivisione abitativa garantirebbero la successiva immissione degli alloggi nel mercato, integrando le scarne possibilità del social housing, con un circolo virtuoso che permetterebbe un vero "piano Marshall" abitativo per lavoratori temporanei e studenti senza casa che oggi attendono una risposta. Permette di liberare almeno parzialmente la popolazione anziana dai problemi della solitudine, dell’isolamento e dell’esclusione sociale, che spesso sfociano nel barbonismo domestico, superando i problemi di incuria e mancata assistenza.
Permette di superare le difficoltà legate alle cure sanitarie, a favore di un’assistenza domiciliare che garantisca residenzialità attiva, un invecchiamento sereno, e di recuperare risorse nella gestione sanitaria grazie alle minori ospedalizzazioni che tale organizzazione consente. Secondo le sue ricerche, coabitare riduce i costi di una persona almeno del 30%, migliorando la qualità della vita. Seguendo questa visione si aprono due strade. La prima è la riqualificazione delle aree urbane fatiscenti, per evitare ripercussioni sulla qualità della vita e di sostenere alti costi di manutenzione.
La seconda strada è il rilancio delle aree rurali disabitate. Il 70% della superficie italiana è coperta da Comuni con meno di 10.000 abitanti, dove i redditi sono più bassi del 13% rispetto alla media nazionale. In altri 2.600 Comuni il divario di reddito raggiunge il 35%. Ne conseguirebbe un recupero dei borghi che, secondo i suoi calcoli, permetterebbe un incremento del reddito di circa il 15%, di generare 720.000 occupati, nonché un incremento del 4% della popolazione.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)