Uno studio francese pubblicato sulla rivista The Lancet ha dimostrato che una comunicazione proattiva e una strategia di supporto ai parenti dei pazienti che muoiono nelle unità di terapia intensiva, possono ridurre significativamente i sintomi di un lutto prolungato: senso di colpa, nostalgia, tristezza, rabbia, amarezza, invidia, preoccupazione per le circostanze che hanno accompagnato la morte della persona cara, disturbi del sonno, facile faticabilità, iporessia, astenia e condotte disfunzionali come maggiore uso di alcool o droghe. Le sofferenze per il corpo, se prolungate, si traducono in una diagnosi di disturbo da lutto persistente e complicato inserita anche nel Dsm-5.
Il confine tra lutto normale e patologico sta nel perdurare dei sintomi: non devono superare i 12 mesi dalla morte di qualcuno con cui l'individuo in lutto aveva una relazione stretta. Lo studio in questione, prospettico, multicentrico, controllato e randomizzato in 34 unità di terapia intensiva, e pubblicato con il titolo Sostenere i familiari nel lutto: tre passi nella giusta direzione, dimostra che una corretta comunicazione e una strategia di supporto in tre fasi - guidata dal medico e assistita dall'infermiere - ai parenti dei pazienti che muoiono nelle unità di terapia intensiva, possono ridurre significativamente i sintomi di un lutto prolungato.
Al contrario, un supporto inadeguato può aumentare la prevalenza del dolore e di altri danni psicologici. La ricerca, condotta tra il 23 febbraio 2017 e l'8 ottobre 2019, ha arruolato nel gruppo di intervento 484 parenti di pazienti over 18 in terapia intensiva da almeno due giorni e 391 parenti nel gruppo di controllo. In sostanza si prevedono tre incontri: un incontro per preparare i parenti alla morte imminente, una visita in sala di terapia intensiva per fornire un supporto attivo e un incontro dopo la morte del paziente per porgere le condoglianze e la chiusura.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)