Secondo i dati della ricerca di Ipsos, Comieco e Symbola , è salita di 5 punti percentuali (dal 78 all'83%) la quota di coloro che ritengono la solitudine un problema molto o abbastanza grave e, di 4 punti (dal 44 al 48%) quella, di chi dichiara di sentirsi solo, almeno, sporadicamente.

Avvertono il problema, in generale e, in prima persona gli abitanti delle cittadine di piccola-media dimensione. La ricerca, effettuata su un campione di popolazione rappresentativo di tutte le fasce di età e di tutte le aree geografiche, (502 interviste complete, dal 20 al 28 maggio scorso), evidenzia come, preoccupazione ed ansia per il futuro siano in aumento, anche dopo la fase di lock down.

Il 33% degli intervistati sostiene di sentirsi ansioso, più spesso di prima e, la metà del campione (49%), sostiene di sentirsi solo quanto, prima della crisi Covid-19. Per quasi 4 italiani su 10, il contatto con amici e parenti si è intensificato durante la Fase 1 dell’emergenza, grazie ai canali digitali, mentre, meno di un intervistato su 4, dichiara di aver visto una riduzione.

Le tecnologie digitali sono, infatti, considerate utili per rimanere “connessi”, da un’amplissima maggioranza di italiani. L’età incide anche nella percezione dei "momenti" di solitudine: se i giovani tendono a indicare soprattutto la sera (e, in misura minore, anche le vacanze estive) gli anziani, accusano di più la solitudine durante le festività.

Infine, è opinione diffusa che una condizione di inoccupazione lavorativa (disoccupati o pensionati) aumenti il rischio di solitudine. Lo pensano soprattutto i più istruiti e gli over-50. Per queste categorie, il rischio principale, è quello della depressione e di altri problemi psicologici. 

Le soluzioni auspicate riguardano, soprattutto, la promozione di attività sociali nei territori e l’incentivazione del volontariato. L’idea, di istituire un ministero per la solitudine, come nel Regno Unito, è più forte nelle grandi città e tra le persone meno istruite, anche se risulta in leggero calo (dal 64 al 57%).